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IL POTERE DI AUTO – GUARIGIONE DELLA MENTE

Il potere di auto – guarigione della mente. Tendiamo a credere che la medicina abbia a che fare solo con farmaci, pillole indicate da un’ altra persona – il nostro medico. Ma la scienza ha cominciato a rilevare che per molte condizioni, c’è un altro ingrediente fondamentale che può migliorare il successo dei farmaci, come

Contenuti di questo post:

    Il potere di auto – guarigione della mente. Tendiamo a credere che la medicina abbia a che fare solo con farmaci, pillole indicate da un’ altra persona – il nostro medico. Ma la scienza ha cominciato a rilevare che per molte condizioni, c’è un altro ingrediente fondamentale che può migliorare il successo dei farmaci, come rimpiazzarli del tutto. E l’ingrediente non è altro che la nostra mente.

    Di seguito potrete trovare un elenco di 6 modi per costruire dentro di voi, la vostra personale cassetta del “pronto soccorso”.

      1. FARESTE BENE A CREDERCI
        Io parlo con i miei farmaci” dichiara Dan Moerman, un antropologo dell’università di Michigan-Dearborn. “E dico ‘ragazzi, so che farete un lavoro magnifico’”
        Potrebbe sembrare strano, ma sulla base di quanto sappiamo dell’effetto placebo, ci sono buone ragioni per credere che parlare con le nostre pillole possa “aiutarle” a fare il loro lavoro. Ciò che pensiamo e proviamo nei confronti dei trattamenti medici può influenzare drasticamente il modo in cui il nostro corpo risponderà.
        Credendo semplicemente che il trattamento funzionerà, potrà richiamare l’effetto desiderato, anche se si trattasse di un farmaco placebo – una pillola zuccherina o una soluzione salina. Per una vasta gamma di condizioni come il morbo di Parkinson, l’osteoartrite e la sclerosi multipla risulta chiaro che la risposta placebo vada al di là di quanto si possa immaginare. Gli studi hanno misurato effetti significativi come il rilascio di antidolorifici naturali, alterazioni nell’attivazione neuronale, abbassamento della pressione e delle frequenza cardiaca, aumento della risposta immunitaria, il tutto come conseguenza delle credenze dei pazienti.
        Si è sempre creduto che l’effetto placebo funzionasse solo se persone credevano di assumere un farmaco reale. Ma a oggi, sembra che le cose siano cambiate. Credere nell’effetto placebo stesso – piuttosto che in un farmaco particolare – sembrerebbe essere sufficiente per incoraggiare il nostro corpo a guarire.
        In uno studio recente, Ted Kaptchuk ( e colleghi) della Harvard Medical School di Boston, diede a un gruppo di persone affette da sindrome del colon irritabile una pillola inerte.
        I ricercatori riferirono ai pazienti che le pillole erano “prive di principi attivi, come le pillole zuccherine, che hanno dimostrato in altri studi clinici di migliorare significativamente i sintomi del colon irritabile per mezzo del processo di auto-guarigione “mente-corpo””, il che è assolutamente vero. Nonostante sapessero che le pillole erano inerti, in media i pazienti valutarono un moderato miglioramento dei sintomi in seguito all’assunzione, mentre il gruppo che non prese le pillole riferì solo un lieve cambiamento.
        Tutti pensavano che non sarebbe successo” dichiara il dottor Irving Kirsch – coautore dello studio. Penso che la chiave sia di dare ai pazienti qualcosa in cui credere. Non diciamo solo “Questa è una pillola”. “Spieghiamo al paziente il motivo per cui dovrebbe funzionare, in modo convincente” .
        Se da una parte ci sono implicazioni sulla professione medica, lo studio alimenta l’idea che ciascuno di noi potrebbe utilizzare l’effetto placebo per convincersi che succhiare una caramella o buttare giù un bicchiere d’acqua, per esempio, possa alleviare un mal di testa, migliorare un problema della pelle o aumentare l’efficacia dei farmaci che assumiamo. “Il nostro studio ci dimostra che potrebbe funzionare comunque” dice Kirsch. Mentre Moerman parla con le sue pillole, Kirsch consiglia di visualizzare il miglioramento desiderato e di dire a se stessi che le cose andranno meglio.

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    1. PENSATE POSITIVO
      Andrà tutto bene”. Vai Avanti, cerca di convincerti, l’eccesso di realismo può far male alla salute. Gli ottimisti recuperano meglio dopo un intervento come il bypass cardiaco, hanno un sistema immunitario migliore e vivono più a lungo anche qualora si presentassero condizioni quali cancro, problemi al cuore o ai reni.
      È ormai risaputo che i pensieri negativi e l’ansia possono farci ammalare.
      Lo stress – l’idea di essere in pericolo – stimola la risposta attacco-fuga mediate dal sistema nervoso simpatico. È una reazione che ci protegge dal pericolo, ma se rimane attiva troppo a lungo aumenta il rischio di condizioni come il diabete e la demenza.

      Quello che i ricercatori stanno scoprendo è che i pensieri positivi non aiutano solo a gestire lo stress ma hanno effetti positivi ulteriori quali – la sensazione di essere al sicuro e protetti, l’idea che le cose andranno bene – che sembrano aiutare il corpo ad auto-guarirsi.

      Una recente analisi di vari studi ha concluso che gli effetti sulla salute di pensiero positivo accadono indipendentemente dai danni causati da condizioni negative come stress o pessimismo.
      L’ottimismo sembra ridurre le infiammazioni indotte dallo stress e i livelli di ormoni dello stress come il cortisolo. Può ridurre anche la suscettibilità alle malattie attenuando l’attività del sistema nervoso simpatico e stimolando quella del sistema nervosa parasimpatico. Quest’ultimo governa la cosiddetta risposta “del riposo e delle funzioni digestive” – opposta alla risposta “attacco-fuga”.
      Avere dunque una visione rosea di se stessi può essere utile come avere una visione rosea del futuro. Le persone che si “auto-motivano” – che si vedono in una luce positiva- hanno meno problemi cardiovascolari in risposta a condizioni di stress e guariscono più velocemente – oltre ad avere un livello di cortisolo più basso.
      Alcune persone sono nate ottimiste. Ma indipendentemente dalla propria predisposizione, ci si può allenare a pensare in modo positivo – ottenendo risultati fantastici.

    2. FIDATEVI DELLE PERSONE
      La vostra attitudine nei confronti delle altre persone può avere un effetto notevole sulla vostra salute. La solitudine aumenta il rischio di svariate condizioni come infarti e demenza, depressione e morte, mentre le persone che hanno una vita sociale soddisfacente, dormono bene, invecchiano più lentamente e rispondono meglio alle cure. L’effetto è tale che curare la solitudine può essere benefico come smettere di fumare, secondo John Cacioppo della University of Chicago, Illinois, che ha passato la sua vita a studiare gli effetti dell’isolamento sociale.
      “Si tratta probabilmente della scoperta comportamentale più potente al mondo” dichiara Charles Raison della Emory University in Atlanta, Georgia, che studia l’interazione mente-corpo. “Le persone che hanno costruito una vita sociale ricca e piena, che si aprono alle relazioni, si ammalano di meno e vivono più a lungo”. In parte succede perché le persone sole spesso non si prendono buona cura di se stesse. Cacioppo afferma inoltre che ci sarebbero anche meccanismi fisiologici diretti simili agli effetti dello stress.
      Nel 2011, Cacioppo ha rilevato che nelle persone sole, i geni deputati alla segnalazione dei livelli di cortisolo e la risposta infiammatoria erano più concentrati, e che le cellule immunitarie importanti per abbattere i batteri erano più attive. Egli suggerisce che il nostro corpo possa essersi evoluto in modo tale che nelle situazioni di isolamento sociale percepito, reagisce come farebbe in caso di ferite o infezioni batteriche. Una persona isolata è tendenzialmente più soggetta a traumi fisici, mentre essere in gruppo favorisce il rafforzarsi del sistema immunitario grazie al contatto tra le persone.
      Inoltre, queste differenze correlano fortemente con quanto le persone credono di essere sole piuttosto che con la dimensione effettiva della rete sociale. Il tutto ha senso anche dal punto di vista evolutivo, dice Cacioppo, perchè trovarsi in mezzo a estranei ostili può essere pericoloso quanto essere soli. Per cui porre fine alla solitudine non vuol dire passare più tempo con le persone. Cacioppo pensa che dipenda tutto dall’attitudine che si ha nei confronti degli altri: le persone isolate diventano ipersensibili alle minacce sociali e arrivano a vedere gli altri come potenzialmente pericolosi. In una raccolta di studi precedenti, pubblicati nel 2010, si rileva che cambiare questa attitudine risulta essere più vantaggioso che passare più tempo con le persone. Se ci si sente soddisfatti della propria vita sociale, sia che si abbiano uno o due amici intimi, sia che se ne abbiano di più, non c’è motivo per preoccuparsi. “Ma se rimani seduto e ti senti minacciato dagli altri o solo al mondo, sarebbe il caso di fare qualcosa” afferma Cacioppo.
    3. MEDITATE
      I monaci hanno meditato per anni sulle cime dei monti, nella speranza di ottenere l’illuminazione. Il loro sforzo li ha aiutati sicuramente a migliorare anche le loro condizioni di salute.

      Gli studi sugli effetti della meditazione hanno evidenziato una serie di benefici. Ci sono alcune prove del fatto che la meditazione migliora la risposta immunitaria in chi viene sottoposto ai vaccini o nei malati di cancro, aiuta a prevenire le ricadute nella depressione, allevia i sintomi dei problemi alla pelle e rallenta la progressione dell’HIV.

      La meditazione influisce particolarmente sulla risposta individuale allo stress. Le persone che meditano hanno livelli di cortisolo più bassi e modifiche nel funzionamento dell’amigdala, un’area del cervello coinvolta nella risposta di paura e nelle reazioni alle minacce.
      Elissa Epel, una psichiatra dell’ Università della California, San Francisco, crede che la meditazione possa inoltre promuovere “canali di guarigione e potenziamento della salute” stimolando il rilascio di ormoni della crescita e sessuali.
      Se non avete il tempo di fare un ritiro di tre mesi non preoccupatevi. Studi di brain imaging hanno rilevato che la meditazione può indurre piccole modifiche strutturali nel cervello anche dopo 11 ore di pratica. Epel suggerisce di introdurre delle “mini sessioni di meditazione” nel corso della giornata, prendendosi qualche minuti, seduti alla propria scrivania, per focalizzarvi sul respiro. Piccoli istanti colti qua e la contano comunque.

    4. IL POTERE DELL’ AUTO – SUGGESTIONE CONSAPEVOLE (AUTO-IPNOSI)
      L’Ipnoterapia ha lottato arduamente per ottenere un riconoscimento scientifico da quando Franz Mesmer affermò di poter curare qualsiasi malessere con quello che ha chiamato “magnetismo animale”. “l’intero settore è contagiato da persone che non ritengono la ricerca necessaria” afferma Peter Whorwell dell’ Università di Manchester.
      Whorwell ha passato la maggior parte della sua vita professionale a ricercare le prove dell’efficacia dell’ipnosi nel trattamento di una condizione specifica: la sindrome del colon irritabile (IBS). La IBS è considerata un disturbo “funzionale” – termine utilizzato per descrivere quelle condizioni in cui i pazienti soffrono di una serie di sintomi e i dottori non individuano cause specifiche. Whorwell cominciò a pensare che i suoi pazienti fossero stati delusi dalla medicina “Mi sono avvicinato all’ipnosi perché i trattamenti convenzionali utilizzati per queste condizioni sono terribili”.
      Whorwell consegna ai pazienti una breve tutorial su come funziona l’intestino, poi insegna loro ad utilizzare le sensazioni visive o tattili – ad esempio la sensazione di calore – per riuscire ad immaginare che il loro intestino funzioni normalmente . Questo metodo sembra essere utile – infatti la sindrome del colon irritabile è l’unica condizione per cui l’ipnosi viene raccomandata dalle linee guida del National Institute for Health and Clinical Excellence. Nonostante questo, Whorwell ha ancora difficoltà a convincere i medici a prescrivere questa tecnica. “Abbiamo prodotto un’enorme mole di ricerca incontrovertibile , ” dice. ” Eppure, le persone sono ancora restie ad accettarla. ” Il problema è in parte dovuto al fatto che non si capisce esattamente come l’ipnosi funzioni. Ciò che è certo è che quando le persone vengono ipnotizzate, riescono ad influire sul proprio corpo in diversi modi. Whorwell ha mostrato che sotto ipnosi i pazienti riescono a ridurre la contrazione dell’intestino, che normalmente non risponde al controllo cosciente. Anche la parete intestinale diventa meno sensibile al dolore.
      L’ipnosi probabilmente utilizza reti fisiologiche simili a quelle coinvolte nell’effetto placebo , afferma Kirsch . In primo luogo , le condizioni mediche che possono migliorare sono simili , ed entrambe sono sostenute dai meccanismi della suggestione e dell’aspettativa – in altre parole , dal fatto che le persone credano (o meno) in un risultato particolare . Il rovescio della medaglia è che non tutte le persone rispondono all’ipnosi in modo ottimale . Molti degli studi clinici sull’ipnosi sono di piccole dimensioni, soprattutto per una mancanza di fondi, ma suggeriscono che l’ipnosi possa essere utile nella gestione del dolore, in condizioni come ansia, depressione, insonnia, obesità, asma, problemi dermatologici come psoriasi e verruche. Trovare un buon ipnoterapeuta può essere difficile, ma l’autoipnosi può essere utile allo stesso modo. “ L’autoipnosi è la parte più importante” dice Whorwell.
    5. PONETEVI UNO SCOPO
      In uno studio che ha coinvolto 50 persone con cancro avanzato ai polmoni, è risultato che i pazienti che hanno dimostrato una elevata “fiducia e/o spiritualità” hanno risposto meglio alla chemioterapia e sono sopravvissute più a lungo. Più del 40% di queste erano ancora vive tre anni dopo, mentre meno del 10% delle persone meno fiduciose sono sopravvissute.

      Ciò che realmente conta è avere uno scopo nella vita, qualsiasi esso sia. Avere un’idea del perché si è al mondo e di ciò che è importante, aumenta il nostro senso di controllo sugli eventi, rendendoli meno stressogeni.
      Nello studio di Saron sulla meditazione condotta per un periodo di tre mesi, viene rilevato un incremento degli enzimi che riparano i telomeri, correlati allo stesso modo con l’aumento del senso di padronanza sugli eventi e con l’idea del proprio scopo nel mondo. Infatti, Saron crede che questi cambiamenti fisiologici possono essere anche più importanti della meditazione in se. Egli specifica che i partecipanti erano meditatori esperti, per cui lo studio diede loro la possibilità di passare tre mesi a fare qualcosa che ritenevano importante per se stessi. Passare più tempo a fare ciò che si ama, che sia il giardinaggio o il volontariato, potrebbe avere un effetto simile sulla salute. La grande notizia che questo studio ci da, afferma Saron, è “l’impatto fondamentale dell’avere, l’opportunità di vivere la propria vita nella maniera più significativa per noi” .

    Irving Kirsch parla di Ipnoterapia e Autoipnosi

     

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    Autore Articolo

    Dot. Enrico Rolla 

    enrico rolla

    Il mio interesse per l’ipnosi inizia quando a 18 anni lessi il libro di Emile Coué “Il metodo Coué. L’autosuggestione cosciente”  provando ad applicarlo su me stesso.
    Durante gli studi di psicologia  mi ero già interessato all’ ipnosi ritenendo che potesse essere una tecnica utile da inserire nei programmi terapeutici. Ho l’opportunità di fare una tesi con il professor Cesare Cornoldi sull’ ipnosi e la memoria. Dopo la laurea ho continuato a utilizzare l’ipnosi in combinazione con le tecniche cognitivo comportamentali per aiutare soprattutto i pazienti con problemi di ansia e depressione.
    Negli ultimi anni sempre più ricerche hanno evidenziato che la combinazione tra  ipnosi e terapia cognitivo comportamentale è estremamente potente. L’utilizzo dell’ipnosi può infatti migliorare e potenziare gli effetti delle tecniche cognitivo comportamentali.  Ho conosciuto negli ultimi anni validi psicologi e terapeuti che utilizzano abitualmente l’ipnoterapia cognitivo comportamentale. Tra di loro, Mark Davis direttore della UK College of Hypnosis and Hypnotherapy, e Irving Kirsch uno dei maggiori esperti sull’effetto placebo e autore del libro “Essentials of Clinical Hypnosis: An Evidence-based Approach”.

    Se hai domande o dubbi puoi contattare il Dot. Enrico Rolla

      Hai bisogno di informazioni?

      Compila il form e ti ricontatteremo.

       

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