Le emozioni insegnano. Cosa? A prescindere dall’enorme successo ottenuto tra i critici e il pubblico, Inside-Out ha offerto alle persone uno spunto per dare uno sguardo dentro se stesse.
Gran parte del film è ambientato nella mente di una ragazzina di 11 anni di nome Riley, e protagoniste sono le emozioni—Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura, e Disgusto— che aiutano Riley ad affrontare la quotidianità.
Il film ha una serie di cose interessanti da dire sulle emozioni – sostenute dalla consulenza dal direttore della GGSC (Greater Good Science Center) e professore di psicologia presso la Stanford University , Dacher Keltner, che ha contribuito a garantire che i messaggi sulle emozioni offerte dal film, fossero sostenute dalla ricerca scientifica.
Molte scene del film sono diventate spunto di riflessione per lezioni e laboratori scolastici, come anche per chiacchierate familiari.
Nonostante Inside Out abbia aperto le porte a tante discussioni, può essere difficile talvolta sapere come gestirle al meglio, rispondendo alle domande dei bambini. Per cui, pensando a genitori e insegnanti che desiderino intavolare un discorso sul film con i propri bambini, abbiamo estrapolato quattro dei maggiori spunti utili a comprendere le nostre vite emozionali, supportate da relative ricerche.
La felicità non ha niente a che fare con la gioia.
Quando il film ha inizio, Gioia si trova a gestire i comandi della mente di Riley; il suo obiettivo prioritario è assicurarsi che la ragazzina sia sempre felice. Ma verso la fine del film, Gioia – così come Riley e il pubblico – impara che essere felici è qualcosa che va oltre la positività senza limiti. Infatti, nella parte finale del film, quando Gioia cede il controllo alle sue colleghe emozioni, in particolare Tristezza, sembra che Riley possa raggiungere una più profonda forma di felicità. Questo corrisponde al modo in cui i più recenti ricercatori sulle emozioni vedono la felicità. Sonja Lyubomirsky, autrice del best seller “How of Happiness”, definisce la felicità come “l’esperienza di gioia, contentezza e benessere generale, combinata con l’idea che la propria vita sia bella, significativa e piena di valore”. Per cui, se da una parte le emozioni positive come la gioia sono ingredienti essenziali per la felicità, non ne costituiscono l’interezza.
Uno studio recente ha rilevato che l’ “emodiversità” ovvero la presenza di una combinazione di emozioni positive e negative, è indicativa di un maggiore benessere mentale. Gli autori di questo studio suggeriscono che provare una varietà di emozioni specifiche può dare alle persone informazioni più dettagliate circa una situazione particolare, portandole a fare scelte di comportamento più adeguate – e potenzialmente a raggiungere una maggiore felicità.
Per esempio, in uno dei momenti cruciali del film, Riley si “permette” di provare tristezza, insieme a paura e rabbia, mentre pensa di voler scappare di casa; alla fine, decide di non seguire i suoi piani. Questa scelta la aiuta a ricongiungersi con la sua famiglia, facendola sentire più felice e serena grazie al conforto offerto dai genitori, nonostante rimassero presenti sentimenti di paura e tristezza.
Alla luce di questo, i creatori Inside Out, incluso il direttore Pete Docter, hanno scelto di chiamare il personaggio di Poehler “Gioia” invece che “Felicità.” In fin dei conti, la gioia è solo uno degli elementi della felicità, e la felicità può essere raggiunta con il contributo di altre emozioni, come la tristezza.
Non cercate di forzare la felicità.
Quando la madre di Riley le chiede di rimanere la loro “piccola bambina felice” in una fase difficile della loro vita, è possibile che Riley abbia provato un profondo senso di frustrazione, pensando che ci fosse qualcosa di male nel non sentirsi felice sempre. Tutte le recenti ricerche e pubblicazioni sull’importanza della felicità, possono aver contribuito a rendere questo messaggio ancora più potente.
Fortunatamente, la ricercatrice June Gruber e le sue college, hanno cominciato a indagare le sfumature della felicità e i suoi scopi. I loro risultati contestano l’imperativo “bisogna essere sempre felici” che molti di noi avranno ricevuto come messaggio.
Per esempio, le loro ricerche suggeriscono che rendere la felicità, l’obiettivo principale della propria vita, può portare a essere infelici. Iris Mauss, collega della Gruber, ha rilevato che più le persone ricercano la felicità, più è probabile che si pongano standard troppo elevati finendo col sentirsi delusi, meno felici – in quanto non riescono a raggiungere sempre quegli standard.
Per cui è chiaro che il tentativo che Riley ha fatto di “forzarsi ad essere felice”, non l’ha aiutata a gestire i cambiamenti e gli ostacoli presenti nella sua vita. Infatti, non solo questa strategia non l’ha aiutata a sentirsi felice, ma l’ha portata a sentirsi sola e arrabbiata con i propri genitori, e a ideare la fuga da casa.
Qual’è dunque la miglior strada verso la felicità per Riley (e tutti noi)? Le ultime ricerche sottolineano l’importanza di “dare la priorità alle esperienze positive” – scegliendo in modo consapevole e intenzionale di dedicare spazio e tempo alle attività che amiamo. Per Riley sono l’hockey su ghiaccio, il tempo con gli amici e con i propri genitori. Ma è importante sottolineare che dare la priorità alle esperienze positive, non vuol dire evitare o allontanare le emozioni negative e le situazioni che possono causarle. Questo è stato l’importante insegnamento che Riley e la sua famiglia hanno ricevuto nel momento in cui Riley ha ammesso ai propri genitori che il trasferimento a San Francisco è stato per lei molto doloroso – un’apertura che ha permesso alla famiglia di sentirsi più unita.
La tristezza è vitale per il nostro benessere.
Nella parte iniziale del film, Gioia ammette che non riesce a comprendere a cosa serva la Tristezza o perchè sia nella testa di Riley. Non è la sola. Molti di noi a volte si chiedono quale sia lo scopo della tristezza nelle nostre vite.. Come mai allora siamo contenti di sapere che Tristezza sia diventata l’eroina del film?
Perché Tristezza si connette a livello profondo nelle persone – è una componente critica della felicità – e ha aiutato Riley a entrare in contatto con la sua interiorità. Ad esempio quando l’a lungo dimenticato amico immaginario di Riley, Bin Bong, ha sofferto per la perdita del suo carrello, è stata Tristezza a offrire la sua empatica comprensione, aiutandolo a risollevarsi, non Gioia nel suo tentativo di favorire una visione positiva della perdita. (In questa scena viene sottolineata l’importanza di uno dei suggerimenti della ricerca: l’espressione della felicità deve essere appropriate alle situazioni)
Con grande sensibilità, Inside Out mostra come emozioni quali tristezza, paura e rabbia possano essere difficili da sperimentare – motivo per cui molti di noi cercano di evitarle. Ma nel film, come nella vita reale, tutte queste emozioni hanno uno scopo importante, fornendoci intuizioni essenziali sul mondo interno ed esterno, tali da aiutarci a entrare in connessione con gli altri, evitare il pericolo o riprenderci dai momenti difficili.
Se da una parte è importante aiutare i ragazzi ad accettare la tristezza, genitori e insegnanti devono spiegare loro che essere tristi non equivale a essere depressi. Gli adulti devono inoltre creare un ambiente protettivo e contenitivo, in cui i bambini possano sentirsi a proprio agio e al sicuro quando hanno bisogno di aiuto, si sentono tristi o depressi.
Accogliete consapevolmente – e non sopprimete – le emozioni.
Nel corso del film Gioia cerca di impedire che Tristezza influisca sulla mente di Riley, disegnando un piccolo “cerchio della tristezza” entro il quale la povera emozione doveva rimanere. È un momento un po’ buffo, ma gli psicologi potrebbero sottolineare che si tratta di un comportamento rischioso chiamato “soppressione emotiva” – una strategia di “regolazione emotiva” che può portare a provare ansia e depressione, specialmente tra i teenagers che stanno ancora imparando come gestire le emozioni. É certo che negare un ruolo alla tristezza comporta una serie di effetti collaterali, anche per Riley.
Quando Big Bong perde il suo carrello, Gioia tenta di fare quella che in termini tecnici si chiama “ristrutturazione cognitiva” invitandolo a interpretare diversamente il significato della sua perdita – e a modificare la sua risposta emotiva in senso positivo. La rivalutazione cognitiva è una strategia considerata storicamente la più efficace per regolare le emozioni. Ma in realtà non lo è sempre, infatti è possibile che talvolta i sentimenti negativi aumentino invece che attenuarsi.
Verso la fine del film, Gioia fa quello che alcuni ricercatori considerano essere il metodo migliore per lavorare con le emozioni: invece che evitare o negare la Tristezza, la accetta per quello che è, realizzando che ha un ruolo importante nella vita di Riley.
Gli esperti la chiamano “accogliere consapevolmente” l’emozione. Cosa significa? Invece che essere sopraffatti dalla propria reazione emotiva, la persona consapevole osserva l’emozione senza giudicarla come buona o cattiva, creando uno spazio sufficiente per riuscire a scegliere una risposta più funzionale. Nondimeno, uno studio del 2014 ha mostrato che adolescenti e adulti depressi che hanno scelto di adottare un approccio consapevole alla vita, hanno mostrato livelli minori di depressione, ansia e abitudini negative, come anche un miglioramento nella qualità della propria vita.
Di certo, Inside Out non costituisce il primo tentativo di insegnare queste quattro importanti lezioni, ma è difficile trovare un altro film che abbia coinvolto così tante persone in questo processo. È un brillante esempio di come il potere dei media cerchi di offrire una profonda comprensione dell’esperienza umana al pubblico – che si spera alimenti un atteggiamento di profonda compassione e accettazione delle persone verso se stesse e il mondo circostante.