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IPNOSI, UNA LUNGA STORIA

ipnosi

Ipnosi Signiticato Per capire meglio l’argomento che stiamo per affrontare in questo articolo, dobbiamo partire dalla definizione di Ipnosi come riportata sul dizionario: “Stato psicofisico intermedio tra veglia e sonno, procurato da un operatore o dal soggetto stesso (autoipnosi), caratterizzato dalla riduzione delle capacità critiche e dall’aumento della suggestionabilità”. Ma tante sono state le definizioni

Contenuti di questo post:

    Ipnosi Signiticato

    Per capire meglio l’argomento che stiamo per affrontare in questo articolo, dobbiamo partire dalla definizione di Ipnosi come riportata sul dizionario:

    Stato psicofisico intermedio tra veglia e sonno, procurato da un operatore o dal soggetto stesso (autoipnosi), caratterizzato dalla riduzione delle capacità critiche e dall’aumento della suggestionabilità”.

    Ma tante sono state le definizioni prima di arrivare a quest’ultima, man mano che gli studiosi e gli “ipnotisti” acquisivano e sperimentavano nuove tecniche.
    Il termine Ipnosi, derivante dal greco hýpnos, ovvero sonno, per lungo tempo è stato avvolto da un alone di mistero perché, spesso, è stato accostato a pratiche considerate quasi magiche e prodigiose, per poi evolversi nel tempo anche in ambito scientifico.
    Lo stato ipnotico, in realtà, non è altro che uno stato psicofisico del tutto naturale che caratterizza una condizione di consapevolezza cosciente suscitata da una procedura di induzione, tramite tecniche dirette o indirette.
    È un processo collaborativo tra il soggetto e il terapeuta che lo guida nell’utilizzo dell’immaginazione ed è impiegato nel trattamento del dolore e di problemi psicologici e psichici.

    Si tratta, tuttavia, di un’esperienza piuttosto comune e che, spesso, utilizziamo nella nostra vita quotidiana nel momento in cui la nostra attenzione è completamente assorbita da uno stimolo. Questo stato di consapevolezza viene definito anche trance, una parola che affascina e spaventa ma che, in fondo, non è altro che una maggiore reattività alle suggestioni positive mentre si è in uno stato di attenzione rilassata e che genera cambiamenti significativi nell’individuo, sempre nel pieno rispetto delle sue esigenze e delle sue capacità.

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    Origine Ipnosi

    L’ipnosi è conosciuta sin dagli albori dell’umanità: riti magici, suoni ritmati e danze propiziatorie erano le tecniche utilizzate per indurre gli uomini in uno stato di trance ipnotica, in modo che potessero raggiungere i loro obiettivi e potenziare le loro risorse.

    • I sacerdoti egizi, greci e romani praticavano il sonno nel tempio, dormivano all’interno del tempio per avere visioni che li avvicinassero alle divinità e dessero loro poteri divinatori.
    • In Persia e in India i maghi e i fachiri praticavano l’autoipnosi, ritenendo che in quella condizione potessero acquisire poteri curativi soprannaturali.
    • Gli stregoni appartenenti alla tribù dei Chippewa, durante i riti di iniziazione, conducevano i giovani in una sorta di sonno ipnotico di gruppo tramite nenie e cantilene e, durante questa trance, creavano vere e proprie suggestioni ipnotiche per avvicinarli al soprannaturale.

    Neppure la mitologia sfugge all’attrazione ipnotica: ricordiamo Medusa che, con un solo sguardo, pietrificava gli uomini o Ulisse che dovette lottare con la suggestione creata dal canto delle sirene.

    L’interpretazione mistica prosegue sino al 1774, quando Johann Joseph Gassner utilizzava l’induzione dello stato ipnotico per guarire dalle malattie indotte dai demoni; il suo era un cerimoniale di tipo religioso e l’ipnosi era uno strumento per porsi in contatto con il divino.

    orignie ipnosi

    Anche nei secoli successivi alcune religioni continuavano a considerare l’autoipnosi un aiuto spirituale.
    Nel 1880 i monaci cristiano ortodossi del Monte Athos, in Grecia, la applicavano alle loro meditazioni, mentre gli Indù la univano alla pratica dello yoga.

    Franz Mesmer

    L’ipnosi entra in ambito scientifico grazie a Franz Anton Mesmer (1734 – 1815), un medico viennese, convinto che l’intero Universo fosse permeato da un’energia sconosciuta tramite la quale i pianeti potevano esercitare i propri influssi sul corpo umano.

    Mesmer sosteneva l’esistenza di un fluido magnetico che l’operatore poteva trasmettere al soggetto trattato il quale, a sua volta, avrebbe potuto trasferire a chiunque venisse in contatto con lui.

    Questa fase, definita magnetico-fluidica, si basava sulla convinzione che i sintomi di una malattia potessero essere neutralizzati poggiando una calamita sul corpo del paziente, in modo che potesse attirare fuori la malattia.

    lenk mesmer

    L’effetto miracoloso era sicuramente dovuto anche alla sua figura imponente e al suo carisma che creava una forte empatia in chi si affidava alle sue cure.
    Quando si avvicinava a un paziente, passava ripetutamente la mano sulle parti malate e lo guardava intensamente negli occhi, catturandone lo sguardo.

    Ipnosi Psicologica

    Le prime interpretazioni psicologiche

    Sarà un allievo di Mesmer, l’abate Josè Custodio Faria, (1756 – 1819) ad abbandonare completamente il magnetismo per dare una visione psicologica della suggestione, definendo lo stato di ipnosi come un  sonno lucido

    Fu il primo a individuare la causa dei fenomeni ipnotici nella suggestionabilità umana e a capire che l’ipnosi coinvolge entrambi i soggetti. Infatti, se il paziente non ripone fiducia nell’operatore, sarà diffidente e poco suggestionabile e, quindi, non otterrà alcun beneficio, indipendentemente dalle capacità dell’ipnotista. Per questo ancor oggi viene riconosciuta l’importanza della sua opera ed è definito “l’iniziatore dell’ipnosi psicologica”.

    L’ipnosi muove i suoi primi passi incerti e si inizia a sperimentare

    Il termine ipnotismo fu introdotto per la prima volta da James Braid, (1795 – 1860), un chirurgo oculista di Manchester che, elaborando le teorie precedenti lo definì uno “stato particolare del sistema nervoso, determinato da manovre artificiali”.

    Riteneva che il “monoideismo”, ovvero la concentrazione dell’attenzione su un unico oggetto o idea, fosse un elemento fondamentale per indurre uno stato ipnotico.

    Secondo Braid i risultati ottenuti con l’ipnotismo non derivavano dal carisma o dalla volontà dell’ipnotizzatore, ma dovevano essere attribuiti a un’alterazione del sistema nervoso dovuta alla fissità dello sguardo, al rilassamento del corpo e alla concentrazione dell’attenzione da parte del soggetto.

    Interpretazioni fisiologiche, teorie del sonno e riflessologiche

    Ivan Petrovič Pavlov (1849 – 1936) fisiologo russo, diede la più importante interpretazione fisiologica dei fenomeni ipnotici, considerando l’ipnosi un sonno parziale che nasce dall’inibizione di una parte del sistema cerebrale permettendo a un’altra parte del cervello di emergere e prendere il sopravvento nella coscienza.

    Sviluppò una teoria su base sperimentale osservando i cani da laboratorio, condizionati da un suono quale segnale anticipatorio del cibo; all’emissione di quel suono, i cani si risvegliavano immediatamente, mentre continuavano a dormire con un suono diverso. 

    Secondo Pavlov, la suggestione non è altro che un riflesso condizionato, anzi “il più semplice e tipico dell’uomo”, ed è solo la parola, con la sua eccezionale potenza evocativa, a differenziare l’ipnosi umana da quella animale.

    Coué e l’autosuggestione: immaginazione e pensiero positivo

    Emile Coué (1857 – 1926), farmacista e psicologo francese, è considerato l’ideatore delle teorie relative all’autosuggestione.

    Egli riteneva che la suggestione agisse sull’immaginazione, l’elemento dominante del subcosciente, e che fosse in grado di influenzare tutte le altre funzioni dell’organismo. La sua teoria si basava sul concetto che, agendo sull’immaginazione dell’individuo, anche se in contrasto con la sua volontà, si potesse ottenere lo stato di ipnosi voluto.

    Da qui nasce il metodo dell’autosuggestione cosciente secondo il quale per suggestionare sé stessi, occorre mettere da parte la volontà e rivolgersi unicamente all’immaginazione, una capacità che tutti noi possediamo sin dalla nascita e a cui ricorriamo, spesso in maniera non consapevole, durante tutto l’arco della vita.

    L’adozione del metodo sperimentale

    Seguì un periodo di declino per l’ipnosi, dovuto anche al fiorire delle nuove teorie psicoanalitiche. Fu durante la Prima guerra mondiale che le tecniche ipnotiche vennero riprese e applicate, con ottimi risultati, nel trattamento delle nevrosi da combattimento e alleviare i traumi causati dal conflitto, in modo che i soldati potessero tornare in prima linea il più presto possibile.

    Verso i primi anni ’50 ci fu un riconoscimento dell’ipnosi grazie anche alla nascita della Society for Clinical and Experimental Hypnosis, della  American Society of Clinical Hypnosis. e della National Guild of Hypnotists, associazioni professionali che promuovevano l’ipnotismo. Quest’ultima, oggi, è la società con il maggior numero di iscritti al mondo.

    Nel 1955 arrivò l’approvazione ufficiale dell’uso terapeutico dell’ipnosi da parte della rivista medica inglese British Medical Association, ma questa determinazione non fu accolta bene dai medici, in quanto le varie associazioni psicanalitiche, ormai orientate al “linguaggio della mente”, rifiutavano qualunque riferimento alla suggestione o all’ipnosi.

    Anche negli Stati Uniti d’America cominciava a prendere piede la fase sperimentale dell’ipnosi tanto che, nel 1958, l’American Medical Association, la più grande associazione di medici e studenti di medicina, la riabilitò definitivamente.

    In Italia la prima associazione scientifica ad occuparsi dell’ipnosi fu l’A.M.I.S.I., l’Associazione Medica Italiana per lo Studio dell’Ipnosi, costituita nel 1958 con lo scopo di far conoscere le basi dell’ipnosi in campo medico e psicoterapeutico.

    Clark Leonard Hull

    Il precursore della moderna psicologia sperimentale, però, fu Clark Leonard Hull (1884 – 1952), psicologo e professore all’università di Yale, il quale stabilì che l’ipnosi era un fenomeno differente sia dal sonno che dalla veglia e la definì come “uno stato di generalizzata ed elevata suggestionabilità, che si distingue dallo stato normale più quantitativamente che qualitativamente”.

    Hull, inoltre, è considerato lo studioso comportamentista che ha fornito a questa tipologia di scuola i contributi metodologicamente più rigorosi e le analisi teoriche più sofisticate, considerando l’ipnosi come un costrutto centrale per il comportamentismo.

    Induzione di Elman e la suggestione diretta,

    Successivamente, due nomi emersero su tutti, seppure fossero due personaggi molto diversi tra loro: Dave Elman e Milton Erickson.
    Dave Elman, il cui vero nome era David Kopelman (1900 – 1967), era un noto conduttore radiofonico statunitense, un vero e proprio “ipnotista da palcoscenico” che utilizzava l’ipnosi nei suoi spettacoli, ottenendo un grande successo.

    Si deve a lui un tipo di induzione, conosciuta proprio come l’Induzione di Elman, diventata molto popolare per la sua semplicità, in quanto creata collegando tra loro le varie fasi ipnotiche: rilassamento, catalessia, frazionamento, amnesia, utilizzazione, risveglio.
    In questo modo è possibile misurare man mano il livello di ipnosi raggiunto dal soggetto.

    Elman viene considerato l’ideatore della suggestione diretta, che si contrappone alla teoria della suggestione indiretta, propugnata dal suo principale antagonista, Milton Erickson.

    Una figura di spicco nella ricerca sperimentale sull’Ipnosi è lo psicologo americano Theodore Barber.

    Theodore Barber (1927 – 2005) definì l’ipnosi “uno stato di suscettibilità alle suggestioni”, sostenendo che queste ultime funzionano sia in stato di veglia che in quello ipnotico.
    Secondo Barber ipnosi e suggestione erano la stessa cosa e lo dimostrò con numerosi esperimenti in cui induceva lo stato di ipnosi tramite una semplice suggestione, senza l’uso di altre procedure.

    Ipnosi Eriksoniana indiretta

    L’ultimo passo in avanti della storia dell’ipnosi è dovuto a Milton Erickson, psichiatra e psicoterapeuta statunitense (1901 – 1980),  allievo di Hull, poi diventato il più importante ipnotista del XX° secolo.

    Durante l’adolescenza soffrì di molti disturbi quali il daltonismo, la dislessia, l’amusia e, soprattutto, la  poliomielite che lo indusse in coma e lo paralizzò quasi completamente.
    Contrariamente alla diagnosi medica, non restò paralizzato ma, per tutta la vita, continuò a essere afflitto da dolori molto forti che riusciva a calmare con gli antidolorifici e l’autoipnosi.

    Erickson sconvolse dalle fondamenta le teorie, sino ad allora dominanti sull’ipnosi, soprattutto perché la utilizzava a fini terapeutici, convinto che la stessa fosse fatta dal soggetto per il soggetto stesso.

    Per Erickson, infatti, l’ipnosi è semplicemente un aiuto dato all’individuo per permettergli di recuperare gli strati più profondi della propria coscienza.
    Per la prima volta si sovvertono i ruoli dell’ipnotista e del soggetto ipnotizzato, in quanto il primo non detiene più il potere ma si adatta alle esigenze del paziente che, a sua volta, assume una funzione più attiva.

    L’innovazione della sua teoria consiste nella comunicazione ipnotica, che non è più unidirezionale, con l’operatore che si avvale di suggestioni dirette e il paziente che le accetta passivamente ma, al contrario, è proprio quest’ultimo ad assumere il ruolo da protagonista con il suo atteggiamento, le sue espressioni, financo con le sue resistenze e, in qualche modo, ne prende il controllo. 

    Questo nuovo approccio viene definito indiretto proprio per l’utilizzo di una maggiore mediazione linguistica basata sui desideri, sulle esigenze e sulla personalità del soggetto.

    Ipnosi e TCC

    L’Ipnoterapia Cognitivo Comportamentale può essere ritenuta, a ragione, uno dei sistemi principali di applicazione dell’ipnosi alla psicoterapia in quanto coniuga l’ipnosi con i principi e le tecniche della Terapia Cognitivo Comportamentale (T.C.C.).

    Sebbene si sia cominciato a parlare di Ipnoterapia Cognitivo Comportamentale solo dagli anni ’80, le sue tecniche hanno da sempre svolto un ruolo centrale nell’ambito delle terapie basate sull’ipnosi.
    Le teorie di Braid, ad esempio, se viste da una prospettiva più attuale, possono essere considerate di orientamento cognitivo comportamentale.

    Terapia basata sull’ipnosi e Terapie Comportamentali

    Partiamo dal presupposto che le terapie che evidenziano l’importanza del condizionamento nell’ambito delle teorie dell’apprendimento, generalmente vengono considerate di orientamento comportamentale. Una delle tecniche su cui si fonda l’Ipnoterapia è la Desensibilizzazione Sistematica, o D.S., che, per molti aspetti, sembra derivare dall’Ipnoterapia comportamentale, tant’è che Joseph Wolpe, il suo ideatore, inizialmente l’aveva denominata Desensibilizzazione Ipnotica.

    L’Ipnoterapia è basata su evidenze scientifiche e su un vasto campionario di ricerche, fa ampio uso del training sulle abilità ipnotiche e sulle tecniche di rilassamento, il cui meccanismo fisiologico assume un ruolo centrale, come nella terapia comportamentale. Nella Desensibilizzazione Sistematica, infatti, la risposta di rilassamento è utilizzata per  bloccare la risposta ansiogena scaturita da specifici stimoli attivatori.

    Questo è un presupposto essenziale in molte terapie basate sull’ipnosi, soprattutto quelle derivanti dalla Nuova Scuola di Nancy, fondata da Emile Coué nel 1920 o quelle riportate nell’opera di James Braid, Neurypnology, or the Rationale of Nervous Sleep considereed in relation to animal magnetism, il primo libro pubblicato sull’ipnotismo, dove il neuro-ipnotismo, o “sonno cerebrale”, è utilizzato soprattutto per contrastare gli stati di tensione fisica e l’attivazione nervosa.

    Terapia Ipnotica e Terapie Cognitive

    Vengono definite terapie cognitive tutte quelle che mettono in evidenza la “mediazione cognitiva” nei processi di apprendimento. La mediazione cognitiva spiega come i processi mentali di un individuo, le sue credenze e il suo ambiente, determinino il modo in cui reagisce a determinati stimoli e situazioni.

    La terapia cognitiva, nel tempo, ha assunto strutture diverse, ma le due più influenti sono state considerate la Terapia Razionale Comportamentale Emotiva (REBT) di Albert Ellis e la Terapia Cognitiva (CT) di Aaron Beck. Entrambe hanno avuto origine alla fine degli anni ’50, ma si sono imposte all’attenzione pubblica più lentamente rispetto alla terapia comportamentale sviluppata da Joseph Wolpe; alla fine, però, si sono integrate l’una all’altra dando vita a un’unica metodologia conosciuta come Terapia Cognitivo Comportamentale.

    Il modello precedente del comportamentismo, stimolo-risposta, è stato sostituito con stimolo-cognizione-risposta.

    Il meccanismo di tale modello è spiegato chiaramente da Ellis tramite la famosa formula ABC, un acronimo in cui A significa Antecedent (Antecedenti), B significa Belief (Credenze) e C significa Consequence (Conseguenze).

    Spesso, infatti, agiamo come se esistesse una relazione causa-effetto tra un evento attivante (A) e le nostre reazioni emotive e comportamentali (C): “Piango perché qualcuno mi rimprovera”. In realtà, le nostre risposte sono il risultato di come noi interpretiamo la situazione e, quindi, sono mediate dalle nostre credenze (B): “Piango perché qualcuno mi rimprovera e io penso che sia umiliante”; se una persona ritenesse ironica la stessa situazione, riderebbe anziché piangere. 

    Molti problemi emozionali derivano dall’incapacità di riconoscere il ruolo di tale mediazione cognitiva, mettendo in azione una relazione di tipo A-C invece che di tipo A-B-C.

    Molti testi che trattano della Terapia Cognitivo Comportamentale riportano il modello della mediazione cognitiva di Ellis che, tra l’altro, corrisponde a un principio chiave della filosofia Stoica del greco Epitteto, così come riportato nell’Enchiridion: “Non sono i fatti a sconcertare gli esseri umani, ma i loro giudizi intorno ai fatti”.

    Il ruolo della suggestione nella terapia ipnotica corrisponde a quello della consapevolezza nella terapia cognitiva.

    Quali sono i dati a sostegno dell’Ipnoterapia cognitivo comportamentale?

    A partire dagli anni ’80, le ricerche per dimostrare l’efficacia delle varie forme di psicoterapia hanno fornito dati che vanno a sostegno della Terapia Cognitivo Comportamentale e, in parte, della terapia ipnotica.

    M. L. Smith, G.V. Glass e T.I. Miller, nel 1980, hanno condotto uno degli studi più autorevoli in merito,  adottando lo strumento della metanalisi, che permette di comparare protocolli di ricerca diversi tra loro, e dando vita a un nuovo modo di fare ricerca sull’efficacia delle diverse psicoterapie.

    Dai 475 studi verificati, che hanno coinvolto decine di migliaia di partecipanti, è emerso che le categorie più performanti rispetto alla media sono: la Terapia Cognitivo Comportamentale, la Cognitiva, l’Ipnoterapia e la Desensibilizzazione Sistematica.
    Nello specifico l’Ipnoterapia ha ottenuto un riscontro di efficacia doppia rispetto alla psicoterapia psicodinamica tradizionale.
    Col passar del tempo altri ricercatori hanno osservato come l’Ipnoterapia e la Terapia Cognitivo Comportamentale potevano operare in perfetta sinergia. Diversi studi successivi a quello di Smith hanno decretato che l’utilizzo congiunto delle due terapie superava gli effetti positivi dell’uso singolo.

    Negli anni ’90 un’ulteriore metanalisi fu effettuata da I. Kirsch, G.H. Montgomery e G. Sapirstein su 18 studi controllati che comprendevano problematiche quali obesità, dolore, insonnia, ansia, fobie, ulcera e public speaking; tale studio, sulla base di 577 individui, ha evidenziato come il 70% dei soggetti sottoposti alla Terapia Cognitivo Comportamentale avessero ottenuto maggiori benefici quando questa era applicata in combinazione con l’Ipnosi.

    Tale efficacia risultava aumentare in relazione alla durata, in quanto anche i risultati a lungo termine, misurati con i follow up, mostravano un’evidenza positiva superiore alle altre terapie.

    Falsi miti sull’ipnosi

    Per concludere: alcuni falsi miti che continuano a persistere sull’ipnosi.

    Nonostante la sua più che millenaria storia, questa tecnica continua a essere oggetto di leggende e preconcetti dovuti, spesso, all’uso improprio che viene proposto al pubblico.
    Eccone alcuni.

    • Durante l’ipnosi il soggetto è addormentato
      Come già ampiamente descritto, lo stato di ipnosi non è uguale a quello del sonno. Il fatto che il termine greco da cui deriva, hypnos, significa sonno ha ingenerato questa associazione che non coincide con la realtà.
      Anche se il soggetto sotto ipnosi può avere gli occhi chiusi e sembrare addormentato, la sua condizione e le sue onde cerebrali corrispondono a uno stato di veglia. Durante l’ipnosi non si dorme affatto, anzi si è ben vigili e concentrati.
    • Durante l’ipnosi il soggetto non è cosciente.
      Non solo il soggetto non dorme, ma è sempre cosciente e perfettamente consapevole di ciò che sta vivendo e può “svegliarsi” quando vuole.
    • L’ipnotista può far fare al soggetto ciò che vuole: sarà una marionetta nelle sue mani.
      Siccome la persona è sempre cosciente, nessuno può obbligarla a dire o fare nulla contro la sua volontà. Nessuno può far agire un individuo in modo contrario alle sue convinzioni o alla sua morale.
      A tal proposito, si ricorda un aneddoto che coinvolge Milton Erickson, il quale, per dimostrare tale assunto, indusse in trance profonda una suora chiedendole di alzare la gonna, ma lei si “svegliò”, si rifiutò di farlo e non volle più essere ipnotizzata.
      Questo avviene perché, come sanno bene gli ipnotisti, in qualsiasi momento della trance, per tanto profonda sia, nel soggetto permane una parte di lui che analizza quanto sta succedendo e si accerta che proceda correttamente.
      Insomma, nessuno entrerà nella nostra mente per carpire i nostri segreti
    • Posso essere ipnotizzato contro la mia volontà
      Nonostante nei libri e nei film compaia spesso la figura di qualche “mago ipnotista” che riesce a manipolare le persone, è provato come non sia assolutamente possibile andare in ipnosi se non lo si vuole. Come abbiamo visto nell’excursus storico, infatti, il potere non è detenuto dall’operatore ma dal soggetto che si sottopone all’ipnosi: senza la sua attiva partecipazione e la sua collaborazione, non si potrà ottenere alcun risultato.
    • Solo le persone caratterialmente più deboli possono essere ipnotizzate
      Un altro luogo comune è pensare che solo un carattere debole possa diventare “vittima” dello stato ipnotico: è invece vero il contrario.
      Infatti, per entrare in ipnosi, il soggetto deve avere la capacità di concentrarsi e di usare la propria immaginazione, quindi, più è intelligente, determinato e creativo, più facilmente riuscirà ad acquisire quello stato di coscienza e ne otterrà maggiori benefici.
    • Posso rimanere bloccato nello stato ipnotico o non riuscire a svegliarmi
      L’idea di restare “bloccato” perennemente in uno stato ipnotico risulta piuttosto divertente. Lo stato di ipnosi, infatti, non è un luogo o una situazione in cui si possa rimanere “bloccati”, è solo uno stato di intensa concentrazione e attenzione, controllata da noi stessi.
      Saremo sempre e soltanto noi a decidere se e quando entrare in stato ipnotico e quando uscirne. La differenza sarà solo dovuta solo a un maggiore o minore rilassamento che potrà farci “addormentare” per un periodo di tempo più o meno lungo.
    • Al termine della seduta non ricorderò più nulla
      Essendo sempre vigili e coscienti di quanto accade, non è credibile che ci si dimentichi quanto è stato detto e fatto durante l’ipnosi.
      Solo nel caso in cui il soggetto decida, in accordo con l’operatore, di “cancellare” qualche momento della suggestione ipnotica, verranno date indicazioni in tal senso.
    • L’ipnosi è pericolosa
      L’ipnosi è una tecnica naturale e sicura, l’importante è che sia praticata da un ipnotista esperto e professionale, in quanto l’etica e la deontologia impongono delle regole precise per lo svolgimento di una seduta.
      L’obiettivo dell’ipnosi non è possedere la persona o soggiogarla ma solo potenziarne le abilità, aiutarla ad acquisire capacità che potrà sfruttare in piena libertà e autonomia. Dallo stato ipnotico non deriverà alcuna dipendenza nei confronti dell’ipnotista, solo rilassamento e benessere e la consapevolezza che saremo sempre e solo noi i padroni della nostra mente.

    Debbo ricordare, inoltre, che non esistono prove scientifiche che attestino qualche controindicazione di tipo psichico o fisico.

    Bibliografia

    • Braid J., Neurypnology, or the Rationale of Nervous Sleep considereed in relation to animal magnetism, J. Churchill, London, 1843
    • Epitteto, Il manuale di Epitteto (Enchiridion), Editrice Francesco Perrella, Firenze, 1996
    • Smith M.L., Glass G.V., Miller T.I., The Benefits of Psychotherapy, Johns Hopkins University Press, Baltimore, 1980.
    • Kirsch I., Montgomery G., Sapirstein G., Hypnosis as an adjunct to cognitive-behavioural psychotherapy: a meta analysis, Journal of consulting and clinical psychology, 1995
    • Barber T.X., (1969). Hypnosis : a scientific approach, Oxford Uk, Van Nostrand Reinhold
    • Coué E., (1921). La maitrise de soi-meme par l’autogestion consciente, Nancy et Paris, Chez l’Auteur et Olivien
    • Hull C.L., (1933). Hypnosis and suggestibility: an experimental approach, New York, Appleton Century Crofts,
    • Perussia F., (2013). Manuale completo di Ipnosi, Milano, Psicotecnica
    Laurea con una tesi sperimentale sulla “Ipermnesia in stato ipnotico” con relatore il Professor Cesare Cornoldi e decido di dedicarmi al trattamento dei disturbi d’ansia.
    Nel 1979 apro l’Istituto Watson con l’amico Roberto Anchisi . La missione del nostro istituto è sempre stata «Educare».
    Lavoro per il comune di Torino con Walter Ferrarotti, che dirige le scuole comunali e i centri riabilitativi per portatori di disabilità gravi.
    Il mio interesse per l’ipnosi inizia quando a 18 anni lessi il libro di Emile Coué “Il metodo Coué. L’autosuggestione cosciente”  provando ad applicarlo su me stesso.
    Durante gli studi di psicologia  mi ero già interessato all’ ipnosi ritenendo che potesse essere una tecnica utile da inserire nei programmi terapeutici. Ho l’opportunità di fare una tesi con il professor Cesare Cornoldi sull’ ipnosi e la memoria. Dopo la laurea ho continuato a utilizzare l’ipnosi in combinazione con le tecniche cognitivo comportamentali per aiutare soprattutto i pazienti con problemi di ansia e depressione.
    Negli ultimi anni sempre più ricerche hanno evidenziato che la combinazione tra  ipnosi e terapia cognitivo comportamentale è estremamente potente. L’utilizzo dell’ipnosi può infatti migliorare e potenziare gli effetti delle tecniche cognitivo comportamentali.  Ho conosciuto negli ultimi anni validi psicologi e terapeuti che utilizzano abitualmente l’ipnoterapia cognitivo comportamentale. Tra di loro, Mark Davis direttore della UK College of Hypnosis and Hypnotherapy, e Irving Kirsch uno dei maggiori esperti sull’effetto placebo e autore del libro “Essentials of Clinical Hypnosis: An Evidence-based Approach”.
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