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COME ALLENARE IL CERVELLO ALL’OTTIMISMO E ALLA FELICITA’

La felicità non è questione di fortuna. Secondo gli psicologi è un’attitudine che il cervello puo’ apprendere e allenare modificando il proprio punto di vista sulle cose e coltivando l’ottimismo. Una pubblicista americana ha messo in luce come alcune professioni piuttosto che coltivare l’ottimismo rinforzano il suo antagonista: il pessimismo. Essere Ottimisti per avere successo

Contenuti di questo post:

    La felicità non è questione di fortuna. Secondo gli psicologi è un’attitudine che il cervello puo’ apprendere e allenare modificando il proprio punto di vista sulle cose e coltivando l’ottimismo.

    Una pubblicista americana ha messo in luce come alcune professioni piuttosto che coltivare l’ottimismo rinforzano il suo antagonista: il pessimismo.

    Essere Ottimisti per avere successo

    Ad esempio per avere successo in determinate professioni (avvocato o commercialista) sembra essere indispensabile adottare un pessimismo diffuso che, utile sul lavoro, spesso, però, finisce per estendersi anche alla sfera privata, minando la propria felicità. “Ho scoperto che i commercialisti più bravi sono quelli che trascorrono dalle otto alle quattordici ore al giorno passando in rassegna moduli fiscali, ispezionandoli di continuo alla ricerca di errori. Questo li rende competenti nel proprio lavoro, ma capita spesso che, una volta a casa, continuino a notare tutti gli errori e le cose scorrette che li circondano. Due di loro mi hanno raccontato che sono rincasati con la lista degli errori commessi dalla moglie”

    Come mai gli avvocati hanno il 3,6% di probabilità in più di cadere in depressione o divorziare rispetto alla norma? Martin Seligman, professore di psicologia alla Upenn e autore di “Authentic Happiness” spiega che ciò dipende da quella che potremmo definire “forma mentis” ossia dal fatto che, per lavoro, hanno abituato la propria mente a pensare in negativo. Gli avvocati migliori, infatti, sono i più pessimisti.

    Il pessimismo è visto come un “plus” tra i legali, perché vedere problemi ovunque è un tipico atteggiamento della prudenza, fondamentale per chi svolge questa professione. Essere previdente permette a un avvocato di considerare tutte le trappole e le situazioni negative in cui può incorrere il proprio assistito. La capacità di calcolare in anticipo una serie di conseguenze, difficili da immaginare per chi è digiuno di legge, consente all’avvocato di costruire al meglio la difesa. Se non si possiede tale attitudine per natura, ci pensa l’università a fare da maestra.

    Peccato, però, che un requisito così prezioso nel lavoro non renda altrettanto felici nella vita privata. Ma come può essere educato il cervello alla felicità ? (clicca qui per altri consigli su come allenare il cervello)?

    Attraverso tre esercizi, che il Time desume da alcune prestigiose pubblicazioni di psicologia.

    Allenare il Cervello ad essere felice

    Numero Uno, prima di andare a letto, annotare almeno tre cose positive accadute durante la giornata

    La prossima settimana, prima di andare a letto, concedetevi ogni sera dieci minuti. Scrivete tre cose che sono andate bene durante la giornata e perché. Potete annotarlo sul diario o sul computer, l’importante è tenerne traccia. Non conta che si tratti di eventi straordinari (ad esempio, “mio marito tornando a casa dal lavoro ha comprato il mio gelato preferito per dessert“); possono essere comunque importanti (come “Mia sorella ha appena dato alla luce un bambino sano”). Accanto ad ogni avvenimento positivo, rispondete alla domanda: “Perché è successo? Questa tecnica è stata sperimentata diverse volte. Uno dei motivi per cui le persone anziane sono più felici è perché ricordano il bene e dimenticano il male.

    Di solito si dice che non bisogna paragonarsi agli altri. La ricerca, invece, dimostra che il confronto non sempre è dannoso per l’autostima – non se lo si fa con chi è peggiore di noi. Lo conferma Bauer, ricercatore associato al Sunnybrook Health Sciences Centre e psicologo Cognitive Behavioural Therapy Associates di Toronto. “Quando ci si mette a paragone con chi è più bravo di noi, si finisce per sentirsi inferiori e infelici”.

    Numero tre: guardare al passato e alle cose che ci sono successe in modo positivo, analizzandole dalla giusta prospettiva. Raccontatevi la giusta versione di ciò che vi accade

    Una visione inadeguata della propria vita può causare la depressione. Gli psicoterapeuti aiutano a “riscrivere” la propria storia da una prospettiva diversa. Questa tecnica, talvolta, può risultare anche più efficace dei farmaci.

    Per essere felici, dunque, è necessario educare il proprio cervello a vedere ciò che di bello c’è nella vita. Pensare quotidianamente a tre cose che ci rendono riconoscenti verso la nostra esistenza può fare la differenza. 

    Come reagisce il Cervello ala Musica

    Mozart, Rihanna o Duke Ellington non importa: quando ascoltiamo il nostro brano preferito, riportiamo tutti analoghe sensazioni, come il ricordo di esperienze personali dal forte contenuto emotivo, o pensieri che riguardano il nostro vissuto.

    Ora i neuroscienziati hanno capito il perché: l’ascolto del genere musicale favorito, qualunque esso sia, attiva sempre uno specifico network di connessioni cerebrali, indipendentemente dal tipo di musica e dalla presenza o meno di parole nelle canzoni.

    Cervelli all’ascolto. Mentre l’ascolto di un brano musicale che non amiamo non genera nessuna emozione, sentir risuonare i pezzi di un gruppo che amiamo crea immediatamente un riflesso introspettivo. Questo è noto da tempo, ma le dinamiche neurali all’origine di queste sensazioni non erano ancora state indagate a fondo.

    I ricercatori dell’Università del North Carolina, e della Wake Forest School of Medicine di Winston-Salem (USA) hanno esaminato le risonanze magnetiche funzionali (fMRI) di 21 volontari sottoposti all’ascolto di brani musicali di vario genere. In particolare, sono state analizzate le scansioni cerebrali prese in tre condizioni: l’ascolto di un pezzo del proprio genere preferito, di un pezzo del genere meno amato, e della propria canzone favorita in assoluto.

    Sogni ad occhi aperti. Le analisi hanno evidenziato che, quando si sente la propria canzone preferita, nel cervello si attiva una rete di aree cerebrali chiamata default mode network (DMN): un circuito importante per il lavoro mentale di introspezione e di elaborazione di piani, progetti e azioni, che funziona solitamente quando una persona è sveglia, ma a riposo (nei momenti, cioè, in cui possiamo lasciare la mente libera di vagare). Lo stesso circuito si disattiva temporaneamente quando ascoltiamo una canzone che non ci piace.

    Recupero dei ricordi. Non solo. Il nostro pezzo preferito sembra potenziare la connettività tra le regioni cerebrali che processano gli stimoli uditivi e l’ippocampo, una struttura cerebrale implicata nel consolidamento della memoria e delle emozioni sociali. Entrambe le condizioni si verificano indipendentemente dal genere cui appartiene la canzone preferita, e sia essa con o senza parole. «Questi risultati possono spiegare perché persone che ascoltano brani molto diversi, come quelli di Eminem o Beethoven, sperimentino gli stessi stati emotivi e mentali» commentano gli autori dello studio. I risultati potrebbero servire a impostare nuove forme di musicoterapia dirette, per esempio, a chi soffre di autismo.

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