La
balbuzie è molto più di un
disturbo della fluenza del linguaggio: ha un grave impatto sulla vita sociale ed emozionale delle persone. È una fonte di imbarazzo e vergogna che spinge chi balbetta ad isolarsi sempre di più. C’è infatti una forte correlazione tra
balbuzie e
fobia sociale. Come è facile intuire dunque, è molto importante fare diagnosi tempestive ed accurate per capire che cos’è la
balbuzie.
I ricercatori non hanno ancora scoperto le cause specifiche della balbuzie, ma ci sono alcuni fattori che possono contribuire all’origine del problema:
- Genetici. Il fatto che la balbuzie ricorra nell’ambito familiare suggerisce che potrebbe esserci una causa genetica sottostante.
- Sviluppo del linguaggio. La balbuzie affligge molti bambini nel momento in cui imparano a parlare (balbuzie evolutiva). I bambini possono balbettare quando le loro abilità linguistiche non sono ancora completamente sviluppate da stare al passo con ciò che desiderano dire. La maggior parte dei bambini che balbetta in questa fase smetterà verso i 4 anni di età.
- Difficoltà nella trasmissione del segnale. Può succedere che la balbuzie si manifesti perchè i segnali tra il cervello della persona e i nervi e i muscoli che controllano il linguaggio non funzionano in modo appropriato. Si parla in questo caso di balbuzie neurogenetica. Questo tipo di balbuzie si manifesta nei bambini, ma può anche comparire in persone adulte che abbiamo avuto un ictus o un trauma cranico. Più raramente la balbuzie neurogenetica è il risultato di anomalie strutturali come lesioni nell’area motoria cerebrale del linguaggio.
Lo stress, l’eccitazione e l’ansia sono altri fattori che contribuiscono a peggiorare la balbuzie. Parlare in pubblico, al telefono o davanti ad una persona con autorità può risultare molto difficile.
Anche se non è chiaro il motivo, la maggior parte delle persone affette da balbuzie riesce a parlare senza problemi quando parla tra sè e sè, quando canta o quando pronuncia le parole in contemporanea con un’altra persona.
Poiché il linguaggio è uno dei comportamenti più facilmente osservabili, esiste un vasto numero di lavori sperimentali condotti allo scopo di esaminare le condizioni che possono influenzare il linguaggio sia delle persone balbuzienti, sia di quelle non balbuzienti. I risultati di questi lavori contribuiscono a delineare un quadro molto chiaro del problema.
È importante considerare che non è semplice fare una chiara distinzione nel linguaggio dei balbuzienti e dei non balbuzienti (Yates, 1970). La balbuzie si presenta con vari tipi di disfluenze e sono frequenti alcune sovrapposizioni tra le caratteristiche delle persone classificate come non balbuzienti e quelle classificate come balbuzienti.
La balbuzie presenta le seguenti caratteristiche:
- ripetizione di suoni e sillabe
- prolungamento di suoni
- interiezioni
- interruzione di parole
- blocchi udibili o silenti
- circonlocuzioni (sostituzione di parole per evitare parole problematiche)
- parole emesse con eccessiva tensione fisica
- ripetizione di intere parole monosillabiche
In base a questi elementi si identificano 3 forme di balbuzie.
- LA FORMA CLONICA, la cui caratteristica è la ripetizione di una sillaba o di un gruppo di sillabe.
- LA FORMA TONICA che presenta un aspetto spasmodico della parola, con degli intoppi più o meno gravi sia all’inizio, sia nel procedere del discorso.
- LA FORMA MISTA che comprende entrambe le due forme sopra citate.
Questa però, non è l’unica classificazione sviluppata. Infatti, Andrews e Harris (1974) propongono una classificazione in base all’età in cui si manifesta il disturbo, identificando così 3 tipi di balbuzie:
- EVOLUTIVO – ha esordio precoce (2 – 4 anni), ma persiste solo pochi mesi ed è dovuto ad una fisiologica evoluzione della normale acquisizione linguistica.
- BENIGNO – caratterizzato da esordio tardivo (7 anni e mezzo), tende ad avere una remissione spontanea dopo circa 2 o 3 anni.
- PERSISTENTE – con esordio tra i 3 anni e mezzo e gli 8 anni.
La scuola spesso è il luogo dove il fenomeno è maggiormente evidente in quanto il bambino interagisce con altri ed è chiamato ad un nuovo ruolo di relazione e a volte anche di competizione.
La Terapia Cognitivo Comportamentale si occupa dei pensieri e comportamenti che provocano ansia ed è stata utilizzata sempre più frequentemente come strumento per trattare la balbuzie. Questo problema tende a peggiorare negli stati d’ansia e in molti casi il livello di disagio può essere gestito dalle persone.
Le ricerche hanno dimostrato che le aree del cervello che controllano l’ansia sono strettamente correlate alle aree che controllano il linguaggio, non sorprende quindi che i livelli di ansia interferiscano con la fluenza del linguaggio. I pensieri negativi che una persona può avere in merito al giudizio negativo che riceverà balbettando, contribuiranno inevitabilmente ad aumentare la balbuzie. L’attenzione verrà così puntata sui pensieri disturbanti e sulla conseguente ansia invece che sulla conversazione. È facilmente comprensibile che, se riusciamo a spostare l’attenzione dai pensieri negativi, questi pensieri non produrranno più l’effetto ansiogeno che normalmente hanno.
È importante sottolineare che pensieri e sentimenti hanno un ruolo fondamentale nel determinare il nostro stato emotivo e il modo in cui interpretiamo il mondo circostante. Se vogliamo cambiare il nostro comportamento, dobbiamo necessariamente fare attenzione a ciò che pensiamo. Modificando il modo in cui la persona affetta da balbuzie interpreta un momento di conversazione, possiamo modificare l’esperienza che vive. Capire questo passaggio può davvero costituire una svolta per molte persone.
La TCC insegna alla persone che soffrono di balbuzie a fare attenzione ai pensieri che si presentano e a notare come questi pensieri negativi non abbiamo nessun fondamento logico o esperienziale e quindi vadano eliminati dalla situazione in cui si deve parlare. Se questi pensieri vengono eliminati saranno sostituiti con altri più efficaci che aiuteranno a gestire i momenti in cui si deve parlare.
I terapeuti cognitivo comportamentali sottolineano come i diversi tipi di pensiero possano creare livelli di ansia sempre maggiori. Questi pensieri includono standard irrealistici di performance sociale, credenze irrealistiche sulle conseguenze di performance mediocri e pensieri negativi irrealistici su se stessi. Questo tipo di dialogo interno porta alla convinzione che l’ascoltatore abbia un’idea negativa della persona, cosa che con il tempo potrebbe degenerare in fobia sociale, un disturbo che complica notevolmente la gestione dell’ansia.
Gli individui cominciano a capire che pensieri ed emozioni giocano un ruolo chiave nella percezione delle situazioni e sono in grado di peggiorare gli stati d’ansia, peggiorando conseguentemente la gravità della balbuzie. Il compito sarà allora di identificare i pensieri specifici, tipici di quella persona, che causano il problema di linguaggio.
A questo punto il / la terapeuta insegna a contrastare questi pensieri negativi ponendosi queste domande:
- Quali sono le prove che questo pensiero sia corretto?
- Quali sono le prove che questo pensiero sia errato?
- Cosa direi ad un amico per aiutarlo se avesse lo stesso tipo di pensieri?
- Cosa direbbe un amico comprensivo e bravo a darmi supporto per aiutarmi ad eliminare questi pensieri?
- Forse mi sto preoccupando senza motivo per cose su cui non ho il controllo?
- Come mi fanno sentire questi pensieri, bene o male?
- Se smettessi di pensare in questo modo, ne trarrei beneficio?
- Se questi pensieri fossero veri, qual è la cosa peggiore che potrebbe capitarmi?
La persona viene quindi incoraggiata a portare con sè un quaderno o taccuino, a segnare cosa stanno pensando quando provano ansia e a porsi le domande descritte più sopra. L’esercizio dovrebbe durare fino a che la persona non sarà in grado di sostituire automaticamente i pensieri negativi con altri più funzionali e basati sulle prove di realtà facendo diminuire così le reazioni d’ansia.
La TCC affronta contemporaneamente anche i comportamenti di evitamento che gli individui affetti da balbuzie mettono in atto per proteggersi dall’ansia. Questi comportamenti non fanno che rinforzare continuativamente i sentimenti negativi legati alle situazioni temute gratificando immediatamente la persona con un abbassamento dell’ansia. La TCC parte dall’assunto che fino a quando non affrontiamo le nostre paure non ci concederemo mai la possibilità di verificare che le conseguenze temute sono irrealistiche, illogiche e assurdamente catastrofiche.
È normale che di fronte al pensiero di essere giudicati male, le persone abbiamo la tendenza a scappare. È sicuramente la soluzione più facile. Come abbiamo accennato più sopra però, se l’evitamento conduce comunque a risultati negativi, la strategia migliore da adottare è affrontare le paure legate al parlare in pubblico per scoprire le reali conseguenze. Solo affrontando le paure si ha la possibilità di vederle diminuire. La TCC sostiene tipicamente che “i pensieri e le previsioni NON SONO fatti, sono solo pensieri e previsioni”.
Alcuni strumenti specifici della TCC per gestire i comportamenti di evitamento sono tecniche di immaginazione, desensibilizzazione graduale in cui la persona immagina in stato di rilassamento la situazione temuta fino a che l’idea in sé non crea un disagio minimo o assente. A quel punto è possibile affrontare le cose nella realtà con un livello di ansia gestibile.
Altre tecniche che vengono adottate per gestire specificamente l’emissione della parola sono la pratica massiva, lo shadowing, la lettura articolatoria, per citarne solo alcune. La descrizione di queste strategie esula dalla presente trattazione, in quanto appesantirebbe il testo con tecnicismi inutili.
Spesso è molto più facile fare, che spiegare !
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